Abbiamo bisogno di speranza e di vedere un arcobaleno. Avevo già parlato a gennaio del simbolo “gettonato” dell’arcobaleno che è stato scelto come bandiera per il movimento LGBTQ e per i movimenti pacifisti per citare solo i più conosciuti. Storicamente è stato anche usato come simbolo del ponte tra il mondo terreno e il mondo ultraterreno. È un arco, un ponte colorato ed effimero che non possiamo toccare ma vediamo e di cui non metteremmo mai in dubbio la sua esistenza, come il fatto che sia collegato immaginativamente alla speranza che torni il sole dopo una tempesta.
Adesso, in piena emergenza Covid, stiamo assistendo a un apparire di arcobaleni disegnati da bambini con la scritta “andrà tutto bene”. Molte volte i cartelloni preparati dai bambini sono grandi più dei loro creatori e si può immaginare il grande tempo necessario alla preparazione. Hanno dovuto aspettare e sperare di fare un buon lavoro, disegnare un bel arcobaleno e colorarlo con precisione. Ci vuole tempo, ci vuole speranza e può costare fatica. In alcune lingue di origine latina aspettare e sperare sono un unico verbo: esperar. Coltivare la speranza e aspettare non farà certamente miracoli. La stessa speranza, però, può essere il ponte che attraversiamo a tentoni con lentezza e fiducia mentre aspettiamo, speriamo e attraversiamo l’evolvere della crisi. Tanti colori possono rappresentare tante emozioni, che in questi giorni sono più intensi. Nell’immagine dell’arcobaleno più colori, più emozioni, convivono assieme per creare il nostro ponte di speranza che ci può portare a un dopo, a un oltre…